La sentenza della Corte d’assise di Asti mi ha colpito. Mi sono chiesto: quale può essere la reazione di un uomo dopo essere stato rapinato? Dopo che gli è stata puntata contro una pistola?
Dopo che moglie e figlia sono state maltrattate e imbavagliate? Dopo aver provato paura per se stesso e per i suoi cari? Bisogna leggere le motivazioni della sentenza della Corte d’assise di Asti prima di poter criticare a ragion veduta la condanna a diciassette anni di reclusione del gioielliere che uccise due rapinatori e ne ferì un terzo, ma è indubbio che lo stato di agitazione e di terrore per quanto subito siano stati determinanti nella sua azione.
Davvero io credo che in determinate situazioni lo stato di legittima non possa essere valutato a freddo ex post, ma debba tenere conto della drammaticità del momento e della reazione alla paura, che è diversa da uomo a uomo. E poi va considerata la scelta deliberata dei rapinatori di accettare il rischio della loro azione criminale.
Ecco, anche senza leggere le motivazioni della sentenza, trovo che la condanna a diciassette anni per omicidio volontario del gioielliere sia un pugno nello stomaco al senso comune della nostra società, che non si fonda certamente sulla vendetta, ma sulla protezione di coloro che, soprattutto in condizioni di pericolo eccezionale, si difendono da brutali aggressioni criminali